giovedì 29 maggio 2014

Storia al Giro: Vittorio Veneto e la battaglia finale della Grande Guerra

Un pensiero doveroso va al  mio bisnonno, Nunzio Schilirò, che ha combattuto nella I Guerra Mondiale e fu mandato in Russia. Tornato a casa con le sue gambe fu insignito della Medaglia al Valore Militare. Ciao Nonno!


II Piave mormorava
calmo a placido al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro maggio:
l’esercito marciava
per raggiunger la frontiera,
per far contro il nemico una barriera . . .

"La leggenda del Piave", conosciuta come "La canzone del Piave", fu composta da Ermete Giovanni Gaeta nel 1918 e adottata come inno nazionale dal 1943 al 1946.

A Vittorio Veneto, Treviso, è stato posto l'arrivo della XVII tappa della 97°edizione del Giro d'Italia. 

La cittadina deve il suo nome al primo Re d’Italia: nel 1866 i comuni di Ceneda e Serravalle furono uniti e fu dato loro il nome di Vittorio a cui successivamente, nel 1923, fu completato in Vittorio Veneto.
Qui, il 24 ottobre 1918 venne combattuta la madre di tutte le battaglie della Grande Guerra, che segnò un passo decisivo nella sconfitta dell'impero austro-ungarico. 

L'Italia entrò in guerra il 23 maggio 1915 e si alleò con la Triplice Intesa (Francia, Inghilterra e Russia). Le forze italiane per la battaglia finale di Vittorio Veneto ammontavano a 57 divisioni (51 italiane e 6 alleate) con 7700 cannoni e 1745 bombarde, ma fu pagata prezzo dalle truppe italiani: 38mila uomini fra morti e feriti.

Con il crollo del fronte bulgaro, avvenuto nella seconda metà del settembre 1918, il generale Armando Vittorio Diaz, (capo di Stato Maggiore del Regio Esercito durante la prima guerra mondiale, ministro della guerra e maresciallo d'Italia, e nominato Duca della Vittoria alla fine della guerra), pensò che fosse arrivato il momento di attaccare il nemico, dato che i Tedeschi erano in ritirata dal 18 luglio 1918 dal fronte occidentale.
Il 25 settembre il comando supremo impartiva gli ordini per l’offensiva: un’azione dal Brenta-Piave avrebbe avuto il compito di dividere le truppe austriache presenti nel Trentino da quelle in pianura; un’altra azione, successiva alla prima, sarebbe partita dal metà del Piave e attaccare la V e VI armate imperiali. 
Le forze italiane ammontavano a 57 divisioni (51 italiane e 6 alleate) con 7700 cannoni e 1745 bombarde.
L’offensiva sarebbe dovuta iniziare il 18 ottobre 1918, ma a causa del maltempo fu posticipata al 24. Le fanterie della IV armata partirono all’attacco fra il Brenta e il Piave riuscendo a conquistare più posizioni (Asolone, Col Berretta, Monte Pertica e Valderoa).
A causa delle piogge che avevano ingrossato il Piave, l’VIII e la XII non riuscirono a guadare il fiume, il che costrinse la IV armata a combattere per ben tre lunghi giorni, ciò causò la perdita delle posizioni conquistate precedentemente tranne il Monte Pertica.
Nel frattempo, sul Piave dalla notte del 27, la XII armata riuscì a costruire un ponte in zona Valdobbiadene, e le truppe riuscirono ad attraversare il fiume e a posizionarsi sulla sinistra del fiume. L’VIII armata, invece, incontrò notevoli difficoltà e dovette rinunziare al passaggio del fiume tra Falzé e Nevesa. Le truppe passate sulla sponda sinistra incontrarono condizioni critiche, ma grazie all’intervento della X armata anglo-italiana, guidata da Lord Cavan, si rese possibile il passaggio sulla riva destra.

La mattina del 28 settembre il generale Caviglia prese la decisione di far passare il XVIII corpo d’armata sui ponti costruiti dalle truppe inglesi e risalendo lungo la riva sinistra del Piave avrebbero combattuto contro le truppe austriache, che ostacolavano l’avanzamento dell’VIII armata. L’attaccò riuscì perfettamente e la vittoria fu schiacciante.
Il maresciallo Svetozar Borojević von Bojna, (militare austro-ungarico, feldmaresciallo di origine serba di Croazia e capo delle truppe austriache), la stessa mattina del 28 settembre ordinò il ripiegamento.

Il 29 settembre alcuni reparti dell’VIII corpo di armata raggiungevano Vittorio Veneto.

Puoi leggere il mio articolo "Storia in Giro - Il Piave mormorò" anche su Cyclingtime.it cliccando qui
Buona lettura! 

Chiara D'Amico

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